“Finalmente una cattolica no sfigata, una che ha frequentato i giri giusti, che ha visto gente e ha fatto cose, e proprio perchè ha visto molto, e ha sperimentato che non le bastava, ha capito la convenienza di credere in Cristo. Spesso noi cattolici siamo un po’ complessati nei confronti del mondo, rischiano di sembrarci tutti più avanti di noi, e invece qui c’è finalmente qualcuno che ristabilisce le proporzioni. È un romanzo di formazione appassionante, che ti risucchia dall’inizio alla fine; non so quanto potrà diventare anche un romanzo generazionale, spero proprio di sì, perché Jack Frusciante scansate proprio. Spero che qualche radical chic lo legga magari con l’obiettivo di odiarne l’autrice, e accidentalmente si trovi avvinto nella ragnatela d’amore che aspetta paziente ciascuno di noi. È anche un saggio di critica arguta, colta, tra l’esilarante e il deprimente, all’industria culturale italiana – e non solo, mirabili le pagine su Tom Wolfe -, dove a me è sembrato di riconoscere più di un volto (ma probabilmente sono tipi umani che incontri a qualsiasi vernissage con buffet). È una minuziosa diagnosi della malattia – un’ideologia cieca ed esasperata – che affligge moltissimi insegnanti della scuola italiana. È una storia familiare. È una storia di amici persi e fidanzati scaricati. È un concentrato di intuizioni fulminanti sulla questione femminile e sulla ancora più importante questione centrale, la ritenzione idrica. È scritto benissimo, davvero, sono fraternamente invidiosa di tanta maestria. È soprattutto una storia di meraviglioso incontro con Dio, che ti viene da fare la ola quando leggi, di quelli che aspetti dalla prima pagina come il primo bacio tra i due protagonisti che avevi capito subito come sarebbe finita, ma non si decidevano mai”.
Dalla prefazione di Costanza Mariano