Quando disegnare diventa un lavoro: intervista all’illustre illustratore Ivan Bigarella

Torna l’angolo dedicato alle interviste degli autori di Berica Editrice. In questa puntata Ivan Bigarella (autore delle tavole della serie di Paolino di Riciclandia) ci accoglie nel suo studio, aprendo una porta sul colorato mondo degli illustratori e dei fumettisti.

Quando è nata, in te, la passione per il disegno?

La passione ce l’ho sin dall’infanzia, mi è sempre piaciuto disegnare e ammirare libri illustrati, cartoni animati e fumetti. Ancor prima di imparare a leggere sfogliavo e sceglievo le storie che mi piacevano per com’erano disegnate.

Come sei diventato illustratore e fumettista?

Studiando e disegnando moltissimo tutto quello che fa parte del disegno, dalla composizione, all’anatomia, alla prospettiva, e assorbendo il più possibile dagli altri disegnatori, fondamentalmente. Poi, nella pratica, ho finito il mio percorso di studi alla scuola del fumetto facendo un concorso per trovare il disegnatore di una serie di fumetti a tema macchine truccate. Non esattamente nelle mie corde come tema, ma era un lavoro. Sennonché, finito il terzo volume, l’editore (che non nominerò) è scomparso senza riconoscermi il dovuto per due sui tre volumi fatti. Da lì, un po’ sconfortato, mi sono proposto in PIEMME, più esattamente alla redazione di Geronimo Stilton. Anche qui mi hanno dato la possibilità di fare delle prove per la serie Tenebrosa Tenebrax che volevano riproporre e sono stato scelto con un epilogo differente dalla prima volta, fortunatamente. Poi, tre anni fa, ho avuto la fortuna di essere contattato da Andrea Freccero (maestro Disney) che ora si occupa della direzione artistica in Disney PANINI per fare delle prove con Disney e anche qui, con mio grande sollievo, è andata diversamente dalla prima esperienza. In mezzo, chiaramente, tutta una serie di collaborazioni che sono nate dopo essere entrato ne mondo dell’editoria e della pubblicità.

Come nasce un’illustrazione?

Un’illustrazione parte sempre da un’idea, da una storia. Dopodiché si passa a dar forma all’immaginazione su carta veicolando al meglio il significato, uno stato d’animo, un concetto, i fatti ecc… A seconda della narrazione e, quindi, dello stile di disegno, l’illustrazione potrebbe essere didascalica o molto sintetica. Ogni scelta, dalla composizione al colore, dovrà essere in funzione di ciò che stiamo raccontando.

E una storia a fumetti?

Anche il fumetto nasce da un’idea, che viene trasformata in soggetto e poi trascritta sotto forma di sceneggiatura. In questo caso l’approccio è totalmente diverso in quanto si tratta di un’arte sequenziale che comprenderà nella stessa tavola vedute differenti, prospettive e una regia che anche qui dovrà essere funzionale al racconto e chiara per non confondere il lettore. Senza tralasciare i balloons che hanno un loro peso specifico e sono protagonisti tanto quanto il disegno. Tutto dev’essere pensato ed equilibrato.

Quanto tempo occorre per realizzare una tavola?

Le tempistiche variano a seconda dello stile e dal soggetto. Si può andare da due tavole al giorno a una in due giorni, faccio fatica a dare una risposta precisa senza dover entrare in dettagli che sarebbero noiosi. L’unica cosa certa è che io, personalmente, ci metto più tempo a fare una tavola a fumetti rispetto a un’illustrazione singola, che ha la sua profonda complessità, ma che deve tenere conto di meno fattori rispetto al fumetto, almeno per quanto riguarda me.

Qual è la parte più complessa del tuo lavoro?

Direi le ore e ore di lavoro giornaliere alla scrivania senza tenere conto di orari, giorni della settimana e festività varie ed eventuali.

Usi dei programmi o lavori a mano?

Io prediligo il tradizionale, mi stresso meno e riesco a rimanere più concentrato. Allo stesso tempo uso molto anche il digitale per ragioni di ottimizzazione del lavoro e per velocizzare certi processi, soprattutto nella colorazione.

Qual è, se c’è, il personaggio che disegni a cui sei più legato?

Diciamo che, quando disegno un personaggio, creo un legame piuttosto stretto con quest’ultimo, quindi direi che il personaggio che preferisco è quello che sto disegnando nel momento in cui lo sto disegnando. Amo profondamente i personaggi Disney, forse il più divertente in assoluto da disegnare è zio Paperone, ma anche Topolino che, con la sua semplice complessità, ti insegna qualcosa di nuovo ogni volta. Poi non posso non citare Tenebrosa e Geronimo che mi hanno dato modo di fare i primi passi nel mondo dell’editoria.

Sogni futuri?

Un sogno futuro è quello di poter fare qualcosa di più autoriale, non per forza con personaggi nuovi. Mi piacerebbe tantissimo poter fare una storia Disney disegnata e colorata tutta in tecnica tradizionale come piacerebbe a me.

Puoi parlarci della tua esperienza come insegnante?

Ho iniziato a fare l’insegnante da quattro anni più o meno, è stato un mettermi alla prova perché, saper fare una cosa non implica saperla trasmettere bene agli altri. Devo dire che, con mia grande sorpresa, è stata un’ottima scelta. Uscire dalla mia comfort zone fatta di quattro mura e poche interazioni sociali mi ha dato modo di consolidare meglio certe nozioni dovendole insegnare e, soprattutto, gli studenti, con la loro freschezza e i loro punti di vista differenti, insegnano a me anche più di quanto non insegni io a loro.

Cosa vorresti dire agli aspiranti illustratori e fumettisti?

Fate un altro lavoro! 😀
Scherzi a parte (non stavo scherzando, salvatevi), sappiate che è un lavoro difficile, difficilissimo e che richiederà il 100% della vostra forza di volontà, unita all’occasione giusta e anche un po’ alla fortuna. Non è un “se vuoi, puoi”, è uno stile di vita ma, se siete condannati a questo, sappiate anche che non vorrete fare altro che questo.

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