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Bisogna scrivere solo di ciò che si conosce?

Bisogna scrivere solo di ciò che si conosce?

Che tu sia uno scrittore alle prime armi o un autore pluripubblicato, prima o poi ti sarai sentito dire: “Scrivi di ciò che conosci”. Si tratta di un consiglio valido, ma va preso alla lettera in ogni occasione? Bisogna davvero scrivere solamente di ciò di cui si ha avuto un’esperienza diretta? Se così fosse, non esisterebbero interi generi narrativi. Primo fra tutti, il fantasy. Perché, infatti, chi ha mai visto un drago nella vita reale? E quante volte abbiamo conversato amabilmente con un folletto? Quello che intendiamo è che, più che “scrivi di ciò che conosci”, sarebbe giusto dire “conosci ciò di cui scrivi”. È di vitale importanza, infatti, documentarsi per bene sugli argomenti di cui si desidera parlare, per poter sviluppare le proprie idee (sì, anche quelle più improbabili e stravaganti) nel miglior modo possibile. Documentarsi non solo su Internet ma anche, e soprattutto, su manuali e, perché no, anche su altri romanzi (prendendo spunto, ma sempre evitando di copiare spudoratamente). Un esempio? Emilio Salgari ha scritto numerosi romanzi d’avventura ambientati in luoghi lontani (e letti ancora oggi), pur non avendo mai viaggiato al di fuori dei confini italiani. Come ha realizzato questa impresa? Documentandosi sui libri. Come il celebre creatore di Sandokan ha affermato, infatti: «Scrivere è come viaggiare senza la seccatura dei bagagli».

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