La “purple prose”: cos’è e come evitarla

Una delle cose più odiate dagli scrittori, e talvolta anche dai lettori, viene definita dal prestigioso Oxford English Dictionary come un tipo di «prosa troppo elaborata oppure ornata». Di cosa stiamo parlando? In inglese si chiama purple prose e, in italiano, viene tradotto come “prosa viola”. Cos’è, con esattezza, la purple prose? E perché gli scrittori la detestano così tanto? Vediamolo insieme in questo articolo e scopriamo qualche utile metodo per evitare di cascare in questo tranello della narrativa.

Cos’è la purple prose

La purple prose è un tipo particolare di prosa che si caratterizza per l’essere troppo elaborata e decorata. Sotto accusa è in particolare tutto ciò che modifica il linguaggio come aggettivi e avverbi troppo ricchi e decorativi, fino all’eccesso, fino a diventare pomposi e stucchevoli. Nel novero delle parole che possono creare una prosa viola ci sono anche i verbi troppo forti ed esagerati. Anche le figure retoriche come, ad esempio, le metafore, non vengono risparmiate da tali critiche, in quanto vengono fin troppo spesso utilizzate per sottolineare piccoli dettagli irrilevanti al fine della narrazione. La maggior parte delle volte, la prosa viola non aggiunge nulla o poco nulla alla storia che si sta scrivendo o leggendo. Per questo motivo, è consigliabile ridurre al minimo l’uso della purple prose o, come minimo, usarla con parsimonia. Il più classico degli esempi di questo tipo di narrazione è la celebre descrizione tratta dal romanzo Paul Clifford di Edward Bulwer-Lytton e che inizia con «Era una notte buia e tempestosa».

Origine del termine

Sebbene i non addetti ai lavori ne siano venuti a conoscenza in tempi relativamente recenti, la cosiddetta prosa viola, in realtà, è stata teorizzata per la prima volta molti secoli fa. Per la precisione, dal poeta romano Orazio vissuto tra il 65 e l’8 prima di Cristo nella sua opera Epistula ad Pisones (Epistola ai Pisoni, ma meglio conosciuta come Ars poetica che, tradotto letteralmente, è l’arte della poesia). In questo trattato in versi dedicato all’omonima famiglia di mecenati, il poeta latino parla di sfarzo citando un purpureus pannus, usato come simbolo di sfarzo e opulenza dato che tale colore, prezioso e molto costoso, era segno di ricchezza e benessere.

Perché ai lettori non piace la purple prose

Ci sono diversi motivi per cui la prosa viola non piace ai lettori, ma i principali sono due. Prima di tutto perché uno stile narrativo troppo ricco e ornato tende a distrarre chi legge da ciò che c’è di veramente importante nel testo scritto. Si rischia, in questo modo, di annoiare i lettori e allontanarli dalla propria opera scritta. In secondo luogo, chi usa la purple prose rischia di sembrare pretenzioso agli occhi di chi legge. Dato che il colore porpora in epoca Romana veniva usato solo dai ceti sociali più benestanti, i lettori potrebbero arrivare all’errata conclusione che lo scrittore si creda superiore o addirittura migliore rispetto a loro.

Come evitare la purple prose

Ecco una lista di alcuni consigli per rendere meno viola la tua scrittura.

  1. Rifletti su quanto hai bisogno di un aggettivo e chiediti se cambia qualcosa, nel caso non ci fosse. Il lettore riesce a capire com’è fatta una stanza, ad esempio, senza entrare eccessivamente nel dettaglio della sua descrizione?
  2. Quando si descrive un personaggio (oppure un luogo, un oggetto e così via) è utile dare dettagli man mano che questi si rivelano utili alla trama. Lo stesso vale per elementi del worldbuilding, come abbiamo analizzato in un pezzo precedente in merito all’infodump.
  3. Usa il dizionario il meno possibile: se ne hai bisogno tu per capire cosa stai scrivendo, molto probabilmente ne avrà bisogno anche il lettore per comprendere cosa sta leggendo interrompendo, così, il flusso della lettura. E perdendo, molto probabilmente, interesse nel tuo testo.
La purple prose va sempre evitata?

«Esprimiti come mangi». Questo è solo uno dei 40 preziosissimi consigli che lo scrittore Umberto Eco ci ha lasciato in eredità e che ci esorta a scrivere utilizzando un linguaggio semplice e che assomigli alla maniera semplice in cui ci alimentiamo e nutriamo. Meglio usare un tono naturale, piuttosto che uno eccessivamente decorato e costruito: in pratica, meglio evitare la prosa viola. Ma è sempre così? Di solito è bene non usare un linguaggio troppo decorato e ornato ma, in determinati contesti letterari, uno stile eccessivamente asciutto ed ermetico può creare lo stesso effetto. La purple prose, inoltre, è perfetta anche per creare un effetto parodistico nella narrazione. Basti pensare al film Il destino di un cavaliere, dove il personaggio di Geoffrey Chaucer fa ricorso a questo espediente letterario per presentare il suo cavaliere durante la sfida della giostra a cavallo. O quando incontra per la prima volta i protagonisti: «Arranco. Avete presente il verbo arrancare? Arrancare: il lento, faticoso, deprimente, ma determinato procedere di un uomo che non ha più niente nella vita, tranne l’impulso di dover, semplicemente, continuare la lotta». In cosa questo pezzo di discorso può essere considerato prosa viola? Principalmente per l’uso del verbo arrancare, molto arcaico e poco comprensibile che viene ripetuto ben 3 volte in una forma o in un’altra. E per l’uso di numerosi aggettivi e avverbi. In questo contesto, però, di film che si pone come parodia al filone dei cavalieri, l’uso di questo tipo di linguaggio risulta accettabile e addirittura gradevole. Soprattutto da parte di quel personaggio in particolare.

Riflessioni finali

Come abbiamo avuto modo di vedere insieme in questo articolo, la prosa viola è uno stile di scrittura caratterizzato da una ricchezza portata all’estremo. Un uso eccessivo di aggettivi in più parti di un romanzo o di un racconto può distrarre il lettore dal punto focale della vicenda, pertanto la purple prose va usata con cautela. Allo stesso tempo, una narrazione troppo scarna ed ermetica può farci perdere l’interesse e l’attenzione di chi sta leggendo il testo che abbiamo prodotto. Uno scrittore deve, in sintesi, trovare il giusto equilibrio nell’uso di modificatori come aggettivi e avverbi e in quello di altri elementi come i verbi forti, per ottenere testi interessanti e avvincenti che sappiano conquistare i lettori.

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