Persona o personaggio? Come creare protagonisti a tutto tondo

Tra gli scrittori si sente spesso dire che sono i personaggi a creare una storia e che, senza almeno un personaggio, non esista una narrazione. Un personaggio può essere sia un essere umano, sia un animale (antropomorfizzato o meno), ma anche un oggetto. I desideri, le paure e le speranze dei personaggi sono ciò che mette in atto la storia e i conflitti che la animano. Parafrasando la celebre frase di Orwell nella sua Fattoria degli animali, però, si potrebbe dire che tutti i personaggi sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri. I protagonisti, gli antagonisti, gli aiutanti, i mentori e tutto il resto del cast di una storia sono per davvero creati allo stesso modo? Tra gli addetti ai lavori, si parla, infatti, di personaggi a tutto tondo e di personaggi piatti.

Cos’è un personaggio a tutto tondo

Come abbiamo detto, tra gli scrittori è in voga fare la distinzione tra personaggi a tutto tondo e quelli piatti. Analizziamo nel dettaglio i primi per poi vedere, nel paragrafo seguente, cosa li distingue dai personaggi piatti. 

Un personaggio, per essere definito a tutto tondo, deve possedere determinate caratteristiche:

  • Per prima cosa, durante la narrazione, ne viene spiegata e spesso approfondita la backstory (ovvero gli eventi precedenti a quelli raccontati nel romanzo, film o fumetto che sia). 
  • Ma non è tutto. Infatti, oltre agli eventi che hanno caratterizzato la sua vita, è importante sviluppare anche la vita interiore del personaggio in questione. In questo modo, il lettore sarà in grado di entrare maggiormente in risonanza con la psicologia del personaggio che si trova davanti. 

Le conseguenze di ciò sono numerose. Ad esempio, il lettore prenderà a cuore più facilmente le sue sorti e tiferà molto probabilmente per il suo successo. Un’altra caratteristica che contraddistingue i personaggi a tutto tondo è il loro essere, nella maggior parte dei casi, dinamici. Infatti, durante il corso della storia, essi possono subire una vera e propria evoluzione che li vede trasformati come individui. Questi consigli aiutano a rendere i personaggi complessi e, pertanto, il più vicino possibile a una persona vera. Questa, infatti, ha diverse sfaccettature e non sempre si comporta in maniera coerente come, invece, fanno la maggior parte dei personaggi delle opere di finzione.

Personaggi a tutto tondo vs personaggi piatti

Nel paragrafo precedente abbiamo visto alcune delle principali caratteristiche che rendono un personaggio il più simile possibile a un individuo in carne e ossa. Ma in cosa sono diversi da un personaggio piatto? Vediamo insieme alcune delle differenze tra un personaggio a tutto tondo e uno piatto.

Personaggio a tutto tondo

  • Tridimensionale;
  • paragonabile a una scultura (tridimensionale e ammirabile da diverse angolazioni e prospettive);
  • ne viene approfondita la backstory;
  • ne viene approfondita la vita interiore e morale.

Personaggio piatto

  • Bidimensionale;
  • paragonabile a un bassorilievo (bidimensionale e ammirabile solamente da un punto di vista);
  • viene caratterizzato da uno o da pochissimi tratti;
  • spesso personifica uno stereotipo.

Inoltre, come abbiamo specificato nel paragrafo precedente, spesso i personaggi a tutto tondo subiscono una vera e propria evoluzione, man mano che la narrazione procede. Come, non sempre? Ci sono personaggi a tutto tondo che non sono anche dinamici e non cambiano in modo radicale? Un esempio su tutti lo si trova nella serie di romanzi distopici Hunger Games. Katniss Everdeen, infatti, pur essendo un personaggio multisfaccettato e di cui si approfondisce in maniera abbastanza esaustiva la vita interiore, non scende mai a compromessi e non cambia il suo codice morale, a costo di diventare parte di un conflitto più grande di lei. Un personaggio a tutto tondo, dunque, ma che non evolve e, pertanto, può essere anche definito come statico.

A cosa servono i personaggi piatti

Da quanto detto, si potrebbe facilmente cadere nell’erronea convinzione che i personaggi piatti non servano a nulla. In realtà, l’autore di un’opera di finzione può decidere di ricorrervi per diverse ragioni. Ad esempio, nel caso di personaggi secondari e minori, non sempre è necessario approfondirne tutti gli aspetti come la backstory o il carattere. Molto spesso, infatti, il loro obiettivo è semplicemente quello di seguire e/o aiutare il cast principale della storia. Un altro caso in cui è utile ricorrere a personaggi piatti è quello in cui il punto principale della storia sia la trama e non i personaggi che la abitano. Può sembrare un controsenso ma, in generi come il poliziesco e il thriller, non sono i personaggi a essere il motore principale delle vicende, ma le vicende stesse. Basti pensare a Sherlock Holmes, il più famoso detective di tutti i tempi. Nonostante sia al centro di molti racconti, l’investigatore di Baker Street non cambia, non evolve come persona e personaggio, ma rimane piuttosto statico. Piccola curiosità che forse non tutti sanno: sebbene Holmes sia il personaggio attorno a cui ruotano le vicende dei romanzi di Arthur Conan Doyle, il protagonista (nonché voce narrante) non è lui, bensì il dottor John H. Watson. E lo sapevate che, sebbene sia la sua frase più celebre, nelle storie cui è protagonista, Sherlock non dice mai «Elementare, Watson»?

In conclusione

Nei paragrafi precedenti abbiamo parlato di cosa rende un personaggio il più simile a una persona in carne e ossa e cosa lo distingue da un personaggio piatto e statico. Nei romanzi, a differenza di quanto accade in altri tipi di narrazione come fiabe e favole, è importante che i personaggi principali siano complessi e ben sviluppati. Tuttavia, anche i personaggi piatti hanno una loro utilità narrativa, come abbiamo avuto modo di vedere. Ad esempio, nei generi narrativi in cui la trama è ben più importante dello sviluppo del cast che la abita (vedasi il caso di Sherlock Holmes). O, più in generale, quando si parla di personaggi di supporto e/o di contorno alla storia il cui obiettivo principale è quello di arricchire le vicende narrate, dare profondità al mondo creato dall’autore o aiutare il protagonista o l’antagonista.

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